Abbiamo sbagliato. Inutile negarlo, perché i fatti parlano per noi: la rincorsa al cibo veloce, già pronto, economico e per tutti, si è rivelata nell’arco di cinquant’anni il peggior tranello nel quale potessimo cadere. La trama delle convinzioni su cosa sia giusto fare rivela a mio avviso diversi squarci, e ascoltando le voci che ci circondano è difficile farsi un’opinione concreta: desideriamo tutti un futuro più ecologico, nuotare in un mare senza plastica, essere consapevoli del nostro impatto sull’ambiente, eppure non riusciamo a capire che il pranzo non può arrivare semplicemente con l’app del telefono, per pigrizia, senza pensare a cosa significa muovere tutti quei panini, il sushi, i tranci di pizza dentro scatole e sacchetti. È mostruoso – letteralmente – o almeno questa è la mia sensazione sulla faccenda. Dobbiamo consumare meno e risparmiare di più. Perché siamo tutti d’accordo che desideriamo vivere meglio in un momento storico in cui ci mancano il tempo, la serenità e la possibilità di sentirci al sicuro al cospetto del nostro domani. La corsa al consumo sfrenato ci fagocita e lo spreco ci sovrasta. E allora la soluzione non è qualcosa che deve essere ancora inventato, ma semplicemente il ritorno a una sana economia domestica.
Certo, parlare di cucina economica ed economia domestica quando sul calendario sta per comparire il numero 2023 può sembrare anacronistico, ma sono sicura che non sia fuori luogo. Se vi darete il tempo per una breve riflessione, e per continuare a leggere qualche riga, converrete con me nel dire che è infatti molto appropriato. Perché mai come adesso abbiamo avuto bisogno, nella nostra giornata, di risparmiare tutto. Tenete conto che ho deliberatamente evitato di scrivere “su tutto” perché ho voluto in effetti risparmiare anche la preposizione. Risparmiare tutto significa consumare di meno, facendo economia, dunque, nel modo più concreto che esista, da sempre: privandoci di qualcosa che, il più delle volte, è definibile come superfluo e incarna quindi lo spreco.
Ora io vorrei essere onesta, almeno con voi che state entrando, un po’ alla volta, in casa mia, dentro la mia cucina, per condividere con me il fornello ma anche la fine di una giornata stancante, oppure l’inizio di un fine settimana in cui le soddisfazioni arriveranno principalmente dalla tavola e dalla cucina. Vorrei andare in ordine partendo dal momento in cui, finita la seconda guerra mondiale, il benessere ha iniziato a farsi strada nelle vite dei nostri nonni, riempiendo dapprima la dispensa e poi anche i moderni frigoriferi, in grado di consentirci di stipare e conservare molto meglio (ma anche molto più) di prima. Poiché sono la prima a trarre soddisfazione dal guardare il mio frigo piuttosto pieno, non vorrei peccare di ipocrisia dicendo che non ho mai buttato la foglia di un cavolo, oppure una mela. Ho fatto ben di peggio purtroppo, e proprio per questo so di aver sbagliato, ma l’errare ha insinuato in me un desiderio di cambiamento che ha ispirato questo mio nuovo modo di essere durante i mesi della recente pandemia. Chiusa in casa, come tutti, decisa a far durare quello che avevo il più a lungo possibile, ho ripercorso i passi di chi prima di me aveva fatto lo stesso in cucina. Ho letto o riletto grandi classici – da Pellegrino Artusi con il suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene che va indietro sino al 1891, ad Amalia Moretti Foggia, in arte la Cara Signora Petronilla, che alla fine degli anni ’20 del secolo scorso dispensava ricette e consigli dalle pagine della Domenica del Corriere. E poiché sono generalmente afflitta dalla necessità di fare al meglio molto di ciò che intraprendo, ho letto anche Come cucinare il lupo, il bellissimo e sagace libro di Mary Frances Kennedy Fisher, pubblicato per la prima volta nel 1942, quando la penuria di cibo a causa della seconda guerra mondiale era all’apice. Infine, due opere dei giorni nostri che ho amato moltissimo e nelle quali trovate l’essenza della saggezza moderna: An everlasting meal (Un pasto senza fine) di Tamar Adler, pubblicato nel 2011, e Il cucchiaio d’argento, quella mirabile quanto oggi superata raccolta di ricette avuta in dono da mia madre, dalla quale mai mi separerei, perché mi dà conforto solo l’idea di sapere che in cima alla mia libreria ne custodisco una copia. Il risultato di questo studio, inframezzato da intense sessioni di pratica in cucina, assaggi e conteggi per arrivare al nocciolo del risparmio, è esattamente il volume che avete ora tra le mani: la mia Cucina Economica.
Cucina Economica è il mio manifesto per affrontare il futuro in modo concreto, da un punto di vista alimentare. Non vi chiederò di sedervi con me in strada con un cartello in mano, né di rinunciare alla vostra pietanza preferita. Non mi arrogherò certo il diritto di sapere io cosa sia meglio per voi – mi limiterò a condividere l’esperienza personale che negli ultimi tre anni mi ha portato a capire come ridurre il costo di ciò che mangia la mia famiglia, ma soprattutto evitare qualunque forma di spreco (dal cibo alla corrente, dal gas agli imballi) e riuscire a sentirmi bene con me stessa. Certo, questo tipo di cucina mi ha consentito di risparmiare in termini di denaro, forse anche più di quanto avessi davvero in mente all’inizio. Ma ciò che mi ha reso più felice non è stato ciò che è rimasto nel borsellino, quanto la consapevolezza di “usare meno” e quindi ridurre poco alla volta la mia impronta sul pianeta, come si dice oggi.
Mentre scrivo la situazione è piuttosto critica nel nostro Paese e le parole pronunciate da Papa Francesco ad Assisi il 24 settembre di quest’anno sono illuminanti. Francesco ha detto ai ragazzi: “La nostra generazione vi ha lasciato in eredità molte ricchezze, ma non abbiamo saputo custodire il pianeta e non stiamo custodendo la pace. Voi siete chiamati a diventare artigiani e costruttori della casa comune, una casa comune che sta andando in rovina”.
In rovina perché le risorse scarseggiano e sono sempre più costose. Perché il pianeta non ce la farà a sfamarci tutti se non abbassiamo lo sguardo e conteniamo le nostre pretese. Non è solo il fatto che l’energia elettrica e il gas sono diventati risorse che costano il doppio o il triplo di prima, ma soprattutto che il tempo non ci basta mai perché abbiamo disimparato a gestirlo, facendoci risucchiare da molte cose che limitano, di fatto, la nostra capacità di rilassarci ed essere felici. Ora non voglio scendere nei dettagli di una materia che non conosco (la psicologia) ma credo di poter affermare che esiste un fatto concreto a supporto della tesi: ciò che mangiamo, come e con chi lo facciamo, può generare una intensa felicità, emozioni che creano dei ricordi, oppure semplicemente nutrire.
Se vogliamo essere felici di noi stessi, ritagliarci del tempo e del denaro per dare soddisfazione al nostro desiderio di libertà, dobbiamo gestire ciò che mangiamo in modo più attento e parsimonioso. Non servono ricette strane, né trucchi. Solo una strada di consapevolezza e di coerenza. Questo libro insegna a farlo in modo concreto e anche elegante. Dentro le nostre cucine, insieme, possiamo cambiare il modo di preparare i pasti, intendere la spesa e nutrire noi e le nostre famiglie. Dando il buon esempio e il giusto insegnamento alle generazioni dopo di noi. Siete pronti? La mia pentola è già sul fuoco. Vi aspetto.