Ci sono prodotti che ci accompagnano nel quotidiano e che a volte non conosciamo sino in fondo. Le posate – un oggetto così intimo, personale, che tutti utilizziamo più volte al giorno, fanno parte della nostra sfera personale, ma anche di una eredità morale. Possiamo usarle senza neanche farci attenzione, oppure sfiorarle con lo sguardo e sentire che sbloccano in noi un ricordo. Semplici, in acciaio inox, magari disegnate da uno dei padri del design italiano, oppure da un giovane emergente. O ancora lavorate secondo la tradizione e finemente argentate, oppure anche innovative, nelle nuove sfumature colorate rese possibili grazie all’innovativa tecnologia PVD.
Sono stata a visitare la produzione della storica “Ditta Sambonet” (oggi Sambonet Paderno Industrie) – con questo racconto vi porto con me dentro la fabbrica che produce le posate che accompagnano le tavole delle famiglie italiane da oltre un secolo e mezzo.
Come nasce una posata?
All’inizio, come per ogni storia nel design, ci sono solo tre punti fermi: un foglio bianco, una matita, il designer. A far scoccare la scintilla è un’idea – come quella che ha Giuseppe Sambonet nel 1832, quando per primo investe in un impianto di produzione di posate d’argento su larga scala. Lui è figlio di una nobile famiglia di Vercelli, diplomato alle Belle Arti, ottiene il brevetto di Maestro Orefice e dà inizio alla storia. Oggi il Centro Stile Sambonet ha un archivio incredibile di progetti che portano la firma dei più noti designer dell’ultimo secolo – primo tra tutti Roberto Sambonet, che con il suo contributo artistico ha lasciato all’azienda una grande eredità, e poi ovviamente Gio Ponti, uno dei padri del design italiano, molto attivo nel settore della tavola intorno alla metà del secolo scorso, che per Sambonet disegna sia oggetti che posate, apprezzati ancora oggi, e in produzione. Ma il disegno è solo il punto di partenza dal quale il prodotto origina. Perché diventi un oggetto funzionale, alla posata serve uno stampo.
L’archivio degli stampi storici Sambonet, da solo, merita una visita all’impianto di produzione vicino a Novara. La parete, altissima, che li conserva, ne conta più di cinquemila. Da quelli classici, usati all’epoca per le posate d’argento della duchessa di Genova e del conte di Torino, a quelle ultra moderne, che oggi si trovano sulle nostre tavole, come su quelle di molti alberghi in giro per il mondo. Ogni stampo corrisponde a un prodotto diverso, e ogni prodotto può essere realizzato con differenti finiture. Il saper fare di Sambonet parte da qui: dal controllo scrupoloso di ogni passaggio produttivo. Entrando nella fabbrica ho potuto vedere le persone al lavoro, parlare con chi è qui da decenni e con chi, con pazienza, ogni giorno lavora artigianalmente accanto alle macchine, per fare meglio ciò che altrimenti sarebbe semplicemente fatto bene. C’è chi lucida le lame dei coltelli, chi assembla le aderenze (sezioni superiori delle posate) con il manico argentato, chi esegue saldature di manici e chi controlla che ogni singolo pezzo corrisponda ai criteri di qualità che merita. È un lavoro di squadra e chi lo porta avanti sembra essere una grande famiglia.
Seguendo la nascita di una posata, assisto alla laminazione, che determina lo spessore del metallo e stabilisce l’equilibrio della posata, poi la tranciatura dei pezzi crea la forma. Una seconda tranciatura crea i rebbi della forchetta e la coniatura delinea forma e decoro previsti con una pressione di 800 tonnellate. I bordi vengono nastrati, le singole parti lucidate, poi si passa al lavaggio e alle varie finiture. La posata può essere semplicemente in acciaio, finita con una patina vintage (io la amo particolarmente) o argentata con il sistema Hard Sambonet Silverplating, ideato nel 1938 e perfezionato sin da allora per garantire una durata eccellente dell’argentatura sull’acciaio. Se invece volete cedere alla modernità delle sfumature colorate, il vostro reparto è quello della colorazione PVD (sta per physical vapour deposition): un trattamento che deposita particelle metalliche mediante vaporizzazione in una camera sottovuoto. Tecnologico e sicuro per il contatto con il cibo, dà alla posata la bellezza del colore e una eccezionale resistenza ai segni del tempo.
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Questo articolo è realizzato in collaborazione con Sambonet