GOOD FOOD è un libro che ho amato sin dalla prima pagina, per il quale devo ringraziare tutte le lettrici, e i lettori, del mio blog [alcune troveranno il loro nome a pagina 291, a tutte le altre, e gli altri, che non ho nominato di persona, va in ogni caso il mio grazie sincero sin d’ora]. Questo libro segna per me l’inizio di una nuova avventura e avremo tempo di scoprire (e capire) il perchè. Per ora vi lascio alla lettura delle prime pagine, con l’augurio di poter essere per voi fonte di ispirazione come voi lo siete ogni giorno per me, attraverso i vostri numerosi commenti. Grazie. Di cuore. E con affetto. Csaba
COME TUTTO E’ INCOMINCIATO
Ho sempre avuto un buon rapporto con il cibo, ma questa relazione personale, che mi ha dato sin qui grandi soddisfazioni, a molti appare particolare o, dovrei dire, strana. Non è raro che le persone mi chiedano, con un sorriso interrogatorio, se mangio e quanto mangio. Che cosa mangio. Se mangio la carne rossa, ad esempio, se mangio i dolci. Se mangio pasta, cioccolato e se bevo latte. Questa domanda viene posta solitamente alludendo un modo abbastanza diretto al legame tra la forma fisica (per la quale devo, almeno in parte, ringraziare madre natura) e il mio lavoro. Quando rispondo che mangio in genere tutto, ma solo cibo vero e per lo più preparato da me, sovente ricevo in cambio sguardi perplessi. Sembra che le persone non siano pronte a sentirsi dire che c’è una distinzione tra il cibo autentico e quello industriale. Le donne, soprattutto, sembrano avere una percezione del cibo quasi “tecnica” e ragionano per macro e micronutrienti, anziché per stagioni e prodotti freschi. Mi raccontano le proprie scelte, spesso solo apparentemente felici, dicendomi che non mangiano carboidrati e limitano le proteine animali. Scelgono alimenti con pochi grassi. Tagliano lo zucchero bianco. Si rifugiano nella dicitura “biologico” come se questo le ponesse in salvo, insieme ai loro bambini.
In realtà pensano al cibo più spesso come un nemico da tenere sotto controllo anziché un alleato che può davvero dare felicità, salute e bellezza.
Quanto a me, devo ammettere che il cibo mi fa stare bene, è parte del mio lavoro ma – soprattutto – il cibo vero è il mio stile di vita da sempre. Non ho dubbi su quello che devo mangiare. È il mio corpo a scegliere – io ho semplicemente imparato ad ascoltarlo e a non influenzarlo troppo. Il cibo mi fa stare bene, mi dà contentezza anche nella sua preparazione, mi fa provare esperienze di condivisione alle quali non vorrei mai rinunciare. Scegliere e cucinare ciò che mangerò e goderne a tavola insieme alle persone che amo è una cosa irrinunciabile per me. Mi piacerebbe che fosse così per tutti.
Good Food è un libro di ricette che partono dal cibo autentico, vero. Nulla di stravagante, semplicemente i piatti che cucino e mangio nei giorni che non sono giorni speciali, per bilanciare la mia alimentazione in modo corretto.
Il paradosso del mangiare bene
Viviamo in un’epoca e in una parte del mondo in cui il cibo non è certo un problema, quanto ad abbondanza. Il problema, semmai, è riconoscerlo in questi posti dove spesso ci rechiamo a fare i nostri approvvigionamenti. Avete mai pensato al fatto che il più delle volte ciò che vediamo e acquistiamo è un prodotto incartato in una confezione sgargiante che qualcuno ha fatto preparare con grande cura affinché attiri la nostra attenzione? Sino a più o meno cento anni fa non era così: la maggior parte dei prodotti era semplicemente un ingrediente e chi faceva la spesa sapeva bene cosa farci. Ma oggi sembra non essere più così.
Questa è una riflessione personale. Perché ai nostri giorni sembra che decidere come mangiare debba per forza essere complicato? Non c’è mai stato, a voler guardare indietro, un periodo storico in cui il genere umano abbia avuto tanta confusione, e tanta pressione, in testa, riguardo al cibo. Il cibo è sempre stato una fonte indispensabile di energia buona, alla quale attingiamo per restare in vita e in buona salute, dai tempi remoti. Colui che è ritenuto dal nostro mondo occidentale il Padre della Medicina – Ippocrate – già più di duemilatrecento anni fa aveva compreso e scritto nei propri studi quelle che sono le implicazioni della “dieta” nella nostra “salute”. Mangiare è necessario. Mangiare tutto fa bene. Mangiare, in questo momento, per alcuni è diventato un problema.
Oggi le persone sono spesso perplesse o confuse, molte volte ingannate, purtroppo, da una pesante e disomogenea informazione. I giornali, i blog, la televisione e i libri parlano (appunto) tantissimo di cucina e, sempre di più, di nutrizione. Molto spesso ho la sensazione che le diverse affermazioni siano in parte sovrapposte tra loro e in disaccordo. A guardare la cosa nel suo complesso, non è difficile capire come le varie teorie stiano facendo a gara ad escludersi l’un l’altra nel tempo. All’inizio della mia personale storia con il cibo i cattivi erano la pasta e il pane, la farina bianca in generale. Poi questi alimenti sono stati scacciati dalla loro egemonia da nuovi nefasti guerrieri: i grassi di origine animale. Ma anche questi hanno dovuto farsi da parte quando, proprio poco fa, si è additato lo zucchero come l’ultimo, vero, mortale nemico. Ci avete fatto caso? L’industria alimentare sfoggia nuove teorie nutrizionali e cambia le proprie confezioni di conseguenza. Sperando che la nostra mano si allunghi verso la nuova scatola che grida “senza grassi” o “senza zuccheri aggiunti”. In realtà, non serve avere una laurea in medicina per capire che si tratta di un inganno dal quale dobbiamo fuggire, per molte buone ragioni.
Lascio a chi è esperto la spiegazione corretta e completa (ci sono moltissimi studi scientifici pubblicati su questo tema) e mi limito a fare una riflessione personale, appunto, cercando di spiegare il mio punto di vista con parole semplici, che non sono quelle della scienza, ma della vita di tutti i giorni. Parole che consentano di comprendere quello che vorrei spiegare.
Tornare indietro, per andare avanti
Mangiare fa bene al nostro corpo, alla psiche, all’anima e anche alla linea. Questa è un’affermazione che non può essere smentita se leggiamo il verbo “mangiare” nel suo significato autentico, riferito al cibo vero e non a quello industriale. La mia non vuole essere una crociata contro l’industria alimentare, ma vuole essere una prima pietra sulla quale costruire, insieme, un nuovo modo di mangiare. Dobbiamo pensare al cibo come lo percepivano le nostre nonne: un simbolo di abbondanza e ricchezza, un momento di felicità, di convivialità, di godimento personale e familiare. Chiunque, se lo desidera davvero, seguendo gli esempi che ho inserito in questo libro sarà perfettamente in grado di riprendere in mano le redini della propria cucina, imparare a distinguere gli alimenti per quello che sono davvero, mescolarli tra loro in un mix sano e goloso e ricominciare a mangiare con gioia tutto. Ma proprio tutto!
Cosa c’è di più triste che seguire una dieta che ci priva di ciò che più amiamo, per un lungo periodo o per sempre?
Se torniamo indietro avvolgendo l’orologio del tempo a quando il cibo era solo cibo (togliete la pubblicità!) sarà davvero molto più semplice di ciò che sembra. Io ho dovuto farlo per motivi di salute. E sono riuscita ad uscire da un tunnel che sembrava non finire mai proprio cucinando.
La buona notizia è che – se vi sentite adesso come mi sono sentita io – potete riuscire a stare bene anche voi. In poche settimane. Ecco il motivo per il quale ho deciso di accettare la sfida, molto scomoda, di scrivere Good Food e condividere la mia esperienza: sapere che posso aiutare molte persone a riprendersi la propria vita partendo dalla buona tavola.
Imparare a mangiare bene è alla portata di tutti. Una volta tornati indietro all’idea iniziale del piacere del cibo, quella che abbiamo da bambini, non avrete più bisogno degli esperti per scegliere cosa mangiare. E sarete al di là del muro.
Come ho toccato il fondo, e poi sono risalita…
Nell’autunno del 2013 la mia salute ha avuto un problema. Non tuttavia un problema che potesse essere classificato dalla medicina classica come una malattia, per mia fortuna. Piuttosto uno di quei momenti che tendiamo ad archiviare in modo passivo, riluttanti ad ascoltarci sino in fondo, classificandoli come “stress da troppi impegni”. Facile, vero? Sotto questa definizione ci può stare di tutto, e ci rende semplicemente più inclini all’autocommiserazione e alla lamentela (sport nel quale non si fa fatica ad eccellere, e pare sia normale…).
Per me, che sono stata sempre bene, che non ho mai avuto problemi a mangiare e dormire, ad alzarmi piena di energia e voglia di fare, sentirmi mezza spenta costituiva una brutta novità. E qualcosa che rifiutavo di accettare.
In realtà …. [continua su Good Food…]
Il cibo vero mi ha salvata. Il cibo vero, raramente può nuocere se impariamo a riconoscerlo e a prepararlo in modo semplice e sano. Questo è lo spirito con il quale ho deciso di condividere con i miei lettori la mia esperienza e le mie ricette. Good Food è per voi: lasciate che il cibo sia la vostra medicina, mangiate tutto ciò che vi piace e tornate ad avere con il cibo un sano e meraviglioso rapporto d’amore.