Ho comperato molti dei miei piatti più belli, per gli scatti fotografici dei miei libri, nei mercatini dell’usato. Prima di passare alla pratica quindi, ossia come creare una tavola bella e fruibile, manca ancora un pezzetto di teoria, che aiuterà chi vuole iniziare d’ora in avanti ad andare per mercatini.
Come si distingue un piatto prezioso da uno a poco prezzo? Che cosa significa “Bone China”? E che differenza c’è tra una porcellana fine dipinta a mano e un piatto smaltato? Forse le risposte a queste domande a voi sono già chiare, io ho dovuto studiare un po’ e farmi aiutare in una ricerca, per approdare a quanto condivido oggi con voi in questo post.
I piatti, le stoviglie in generale, hanno un’affascinante storia personale. Ciò che altri buttano a pochi euro svuotando le cantine può essere riportato ad un antico e intrinseco splendore con un po’ di acqua e sapone e tanto amore per le cose belle. Imparare a riconoscere è essenziale per comprendere (e trattare!) il prezzo.
Comperare nei mercatini dell’usato permette di avere tante cose belle a poco prezzo – imparare ad abbinarle in modo meraviglioso tra loro è un’arte che va imparata e praticata…
La ceramica, per incominciare. Per ceramica si intende ogni oggetto che viene fabbricato con un contenuto argilloso miscelato con altri elementi, oppure con sola argilla, e cotto ad alte temperature. La percentuale di argilla, la natura degli altri elementi e i gradi di temperatura della cottura sono la causa dell’esistenza di ceramiche differenti, dall’aspetto anche molto diverso fra loro come la porcellana, le maioliche o le ceramiche bianche.
Questione di argilla. L’argilla, in base alle sue caratteristiche, si divide in primaria e secondaria.
Con l’argilla primaria vengono realizzate le ceramiche più pregiate come la porcellana, la Bone China e la porcellana cinese, con quella secondaria quelle meno pregiate dal punto di vista “intrinseco” del materiale, come le maioliche, le ceramiche di Faenza e le ceramiche bianche.
L’argilla primaria – chiamata anche caolino, dal cinese kaolin “pietra delle colline” – è più difficile da estrarre rispetto a quella secondaria, i suoi giacimenti sono molto rari e si trovano solo in alcune aree del mondo da cui provengono infatti le porcellane più famose come quelle inglesi del Devonshire e quelle francesi di Limoges. L’argilla primaria manca di duttilità ecco perché, per renderla più malleabile, viene miscelata con il feldspato, un minerale contenente silicato di alluminio, l’elemento che in cottura dona alla porcellana un particolare effetto traslucido.
L’argilla secondaria invece è duttile, facile da estrarre e lavorare, quindi le stoviglie per cui viene utilizzata sono meno pregiate e destinate soprattutto alla creazione di piatti e oggetti di uso quotidiano.
Varie categorie di ceramica, tra le più comuni
La porcellana. Una delle ceramiche più pregiate. Può essere lucida o opaca e lo si riconosce alla vista, ma anche al tatto: quella lucida è delicata, se la si picchietta con il dito risuona leggermente (ed è adatta sia ad occasioni formali che informali). Quella opaca invece non risuona (è quella più adatta alle situazioni informali).
I cinesi dicono che lo smalto è “la pelle delle ceramiche”, perché aderisce perfettamente alla superficie dell’argilla proteggendola e rendendola impermeabile ai liquidi. Prima del processo di smaltatura è di colore bianco, ma una volta ricoperta con smalto feldspatico questo le dona un effetto molto brillante (e più brillante di quello al piombo, usato ad esempio per la Bone China).
Eventuali crepe non sono visibili ad occhio nudo ma a meno che non ci siano crepe in punti particolari, come per esempio il bordo di una tazza, i servizi di porcellana durano molti anni. E se trovate della bella porcellana, anche graffiata, vale la pena prenderla subito (almeno, secondo me!).
Bone China. È una varietà di porcellana molto conosciuta ed è la più resistente fra le ceramiche (in gergo si parla di resistenza longitudinale). Wedgwood per sottolineare questa sua proprietà ha persino portato avanti un curioso esperimento, dimostrando come 4 o 6 tazzine da caffè in Bone China possano sopportare il peso di una Rolls-Royce, senza rompersi!
La sua resistenza eccellente è dovuta, sembrerà strano, ma ad una formulazione che prevede dal 35% al 50% di cenere di ossa animali (solitamente buoi o bestiame) – e più alto è il contenuto di ceneri di ossa maggiore è la qualità del prodotto. Per il resto è composta da caolino e al 20% di feldspato.
Se ci si trova davanti ad un piatto di porcellana o ad uno in Bone China lo si può intuire facilmente dal colore. La porcellana messa a diretto contatto con la luce rivela un colore bianco, tendente al blu, un colore simile al latte scremato. La Bone China ha un colore più simile al latte intero, un avorio delicato dato proprio dall’aggiunta delle ceneri di ossa animali.
La Bone China è ricoperta con uno smalto a piombo che rende la superficie liscia e trasparente adatta ad ogni occasione. Può avere una finitura lucida o opaca: la Bone China lucida è adatta ad occasioni formali e informali, quella opaca si presta ad una tavola casual.
Il piombo è un metallo morbido quindi i piatti ricoperti con questo tipo di smalto presentano nel tempo dei graffi, causati dall’utilizzo quotidiano del coltello. La sua composizione è “fitta” e il suo color bianco latte rende difficile vedere ad occhio nudo eventuali piccole crepe, inoltre la Bone China è anche particolarmente resistente alle infiltrazioni di olio e cibo che avvengono in altri materiali, e che spesso per questo motivo rendono visibili eventuali punti crepati – acquistarla è quindi una piccola scommessa, ripagata però dalla sua estrema resistenza.
Oltre al classico bianco la Bone China la si trova spesso in colori sgargianti. Viene smaltata infatti a temperature più basse rispetto alla porcellana per evitare che il colore dei decori si dissolva in cottura e mantenga invece la sua brillantezza. Solitamente è dipinta con colori intensi come il rosso rubino o il blu-turchese.
Porcellana cinese. Tecnicamente la porcellana cinese è una ceramica differente dalla porcellana, ma all’apparenza sono entrambe dure e vetrificate, e i due termini finiscono per essere spesso utilizzati come sinonimi. È comunque meno pregiata sui nostri mercati e mercatini.
Anche la porcellana cinese contiene caolino, ed ha quindi il caratteristico colore bianco intenso che rende invisibili ad occhio nudo eventuali piccole crepe. Se si crepa leggermente non assorbe comunque l’olio dei cibi né si scolorisce.
La porcellana cinese è opaca o può essere leggermente lucida, una texture che la rende adatta a occasioni formali e informali.
Le maioliche e le ceramiche di Faenza. Sono ceramiche a base di argilla secondaria e sono cotte a basse temperature. Nel forno si induriscono ma non vetrificano, e sono quindi oggetti fragili, soggetti alle tipiche e temute scheggiature. Sono prodotte con un’argilla più scura rispetto alle altre ceramiche e quando si crepano il segno è molto evidente. In più sono molto porose quindi, in caso di crepe, assorbono anche l’unto e l’acido dei cibi e tendono a scolorirsi nelle parti danneggiate.
La cottura a basse temperature, consente decorazioni nei colori più svariati, donando alla tavola personalità e colore. Le maioliche e le ceramiche di Faenza sono ricoperte con uno smalto bianco a stagno, una sostanza che penetra leggermente nell’oggetto o lo ricopre solo in superficie. Lo stagno è un materiale morbido, le maioliche e le ceramiche di Faenza sono dunque soggette a piccole crepe dovute al quotidiano utilizzo del coltello.
Le ceramiche bianche. Vengono fatte con argilla mescolata a caolino, vengono cotte ad alte temperature e sono molto più resistenti delle maioliche e della ceramiche di Faenza. Rispetto a quest’ultime la loro copertura è più sottile. Una volta cotte diventano di un color panna tendente al giallo (da qui la definizione in inglese di creamware) e hanno un aspetto opaco. Eventuali piccole crepe non sono visibili ad occhio nudo ma essendo porose tendono ad assorbire l’olio dei cibi, e a mostrare con il tempo la zona danneggiata che risulta scolorita.
Queste ceramiche vanno bene per le occasioni più informali, hanno sempre colori tenui e sono ricoperte con uno smalto che dona un leggero effetto traslucido, perfette per mettere in risalto una tavola particolarmente colorata.
Guarda sotto il piatto, perché…
Sul retro dei piatti ci sono spesso disegnati dei simboli che possono rappresentare le iniziali o il nome per esteso della fabbrica di produzione o le iniziali dell’artigiano. Da questi segni puoi riconoscere il produttore e l’anno di fabbricazione, quindi capire se un piatto è vecchio o antico, pregiato o meno. La maggior parte delle industrie produttrici di ceramiche hanno modificato negli anni il loro logo, questo aiuta nella datazione precisa di un pezzo, ma può trarre in inganno il semplice estimatore.
Spesso le ceramiche di Faenza non presentano alcun logo, questo il motivo per cui si trovano facilmente falsi delle più antiche fabbriche di ceramiche di questo tipo. Un aspetto troppo preciso e linee troppo definite devono far insospettire, al contrario ogni difetto deve avere un motivo logico.
Sulle molte porcellane le aziende produttrici disegnano un simbolo distintivo. Per esempio, le ceramiche di Saint-Cloud sono marchiate con il sole di Luigi XIV, quelle di Sèvres hanno due L intrecciate, quelle di Chantilly portano il simbolo del nucleo di caccia di Condé. A partire dal 1753 si è cominciato ad inserire una lettera corrispondete all’anno di fabbricazione: A per 1753, B per il 1754 e così via, un’usanza sparita dopo la Rivoluzione Francese – quindi in piatti solo di grande valore!