Non amo la plastica. Per me è sempre stato così per una questione inizialmente estetica, poi è diventata una necessità ambientale. Comprendere come contribuire nel proprio piccolo a ridurre l’enorme quantità di plastica che invade il globo dovrebbe essere una priorità per tutti, in questo momento. La plastica, e i danni che provoca all’ambiente, non sono solo un argomento per le generazioni che verranno, ma un problema etico che dovrebbe interessare noi, adesso. Soprattutto chi è genitore e desidera sonsegnare ai propri figli un pianeta in cui vivere ancora bene.
Questa settimana è stato pubblicato il Global Consumer Survey on Plastic Waste. Si tratta di un documento giornalistico, non scientifico, reso pubblico dalla società BioPlasticNews, che si occupa di informare i privati cittadini sui progressi che il mondo sta compiendo per impegnarsi a ridurre il consumo della plastica monouso, sostituendola gradualmente con altri materiali, tra cui la bioplastica (è in inglese ed è tecnico, ma se volete potete leggerlo qui).
In Europa la questione della riduzione della plastica monouso è i secondo tra i primi 3 principali motivi di preoccupazione per quanto riguarda l’ambiente, che sono, nell’ordine:
1. cambiamento climatico
2. riduzione della plastica monouso
3. spreco di cibo
La buona notizia è che ciascuno di noi, a partire da me stessa, può dare il proprio contributo, eliminando progressivamente tutto ciò che è di plastica dalla propria giornata. È proprio un dato: si può fare. E non costa molto in termini di impegno. Può costare di più in termini economici, è vero, ma credo davvero che ne valga la pena.
Partiamo dal terzo punto, lo spreco alimentare, che è il più semplice. Una persona che mi ha insegnato molto, mi ha detto tanti anni fa queste parole: “Non è difficile risparmiare quando non puoi spendere. È difficile non sprecare quando hai denaro”. Con il cibo è lo stesso. Comperare meno è l’unico modo per sprecare meno. Le nostre nonne, in questo, erano bravissime.
Il cambiamento climatico ha anch’esso bisogno del nostro contributo, certo. Tenere spento il riscaldamento sino a che possiamo, usare più la bicicletta e meno la macchina, ma soprattutto ridurre drasticamente il consumo di carne mensile (l’allevamento intensivo produce riscaldamento globale) è qualcosa che tutti possiamo fare. Ciascuno in una percentuale variabile, certo, ma è fattibile. E migliorabile, sempre di più.
Infine, la riduzione dell’uso della plastica. Tutti desiderano che la plastica nel mare si riduca, ma come farlo? Il 48% della popolazione ritiene che sia un compito delle aziende darci prodotti senza plastica [fonte: Europanel, Gfk 2019] e non di noi consumatori. Sono solo parzialmente d’accordo. Certo, se le aziende iniziassero a usare al posto della plastica tradizionale la bioplastica, ottenuta da energie rinnovabili e 100% biodegradabile, saremmo tutti più felici. Ma i costi in questo momento sono alti. E la transizione deve essere graduale. I supermercati italiani hanno già dato un contributo eliminando i sacchetti in plastica monouso. Molte bibite sono tornate al vetro, così come le uova stanno tornando nella confezione di carta. Ma sono le bottigliette di acqua il nemico che dobbiamo combattere, e le cannucce. Di entrambe le categorie merceologiche, io faccio a meno, e voi?
#PLASTICFREE, NON È SOLO UNO SLOGAN
Torno su un tema che mi sta a cuore, e che voglio sostenere il più possibile per cercare di aiutare chi, come me, vogliono fare qualcosa sapendo che, in passato, hanno commesso involontariamente errori. Sono nata nel 1970 e quando andavo alle elementari, non si distribuivano borracce per l’acqua, ma sgargianti bicchierini di plastica per le feste di compleanno, corredati con piatti in tinta. Si fumava al cinema e in aereo per non parlare dei ristoranti e degli uffici. Le signore indossavano (e ambivano indossare) la pelliccia. Insomma, sono nata in un altro mondo, come molti di voi che leggete. Nessuno ci aveva detto, all’epoca, che si potesse, o si dovesse, fare in modo diverso. Ma poi, fortunatamente, lo abbiamo capito da soli.
Lo ammetto: ho comperato l’acqua nella plastica, certo. Voi no? L’ho fatto per molto tempo purtroppo. Non ho mai lasciato una bottiglietta di plastica in un prato, ma ne ho acquistate molte. Ho usato le cannucce in plastica da ragazza. Oggi che i miei figli hanno 14 e 12 anni, e che da molto tempo vanno già in giro con una borraccia che riempiono a casa, so che devo e posso fare qualcosa per loro, per il mondo nel quale li ho chiamati a vivere, e per il quale li sto educando.
È con questo spirito che sto collaborando, da tempo, con alcune aziende che fanno della riduzione della plastica il proprio lavoro in modo serio. Per dare delle possibilità concrete, che sono – certo – più costose di quelle tradizionali, ma sicuramente più verdi.
OGGI L’ACQUA DEL MIO RUBINETTO È FILTRATA
Da pochi mesi ho iniziato a lavorare con un’azienda che sicuramente molti conosceranno: GROHE. È conosciuta prevalentemente per il design dei suoi rubinetti e ne ha uno in particolare, il GROHE Blue Home, che mi è piaciuto molto perché non è un semplice rubinetto da cucina, ma un sistema di filtrazione domestico che permette di erogare dallo stesso rubinetto acqua corrente miscelata e acqua fresca filtrata naturale, leggermente frizzante o frizzante.
Questo significa che quando voglio solo un bicchiere d’acqua, lo prendo direttamente dal rubinetto ed è già fresco e filtrato. I miei figli possono riempire la loro borraccia di acqua fresca come se fosse quella delle bottiglie (di vetro) che teniamo nel frigorifero, ma direttamente dal rubinetto. La uso per fare il thé e il caffè, ma anche il brodo di miso in questa stagione.
L’ho installato a febbraio nella mia cucina e devo dire che ne sono molto contenta. Certo, è necessario considerare un investimento iniziale, ma non mi sono mai piaciute le caraffe a filtro, volevo un filtro professionale e un sistema dalle dimensioni contenute (il mio sta sotto il lavandino della cucina). E questo mi ha convinto. Il rubinetto è uno solo ed è dotato di due canali di erogazione separati: un pulsante a pressione con indicatore LED serve per erogare l’acqua filtrata e refrigerata naturale, leggermente frizzante e frizzante. Utilizzando la levetta, invece, esce la comune acqua corrente miscelata del rubinetto.
Ora la scommessa è quella di riuscire a uscire sempre con la borraccia. Ludovica mi ha detto “mamma, è stra-di-moda, anzi è VSCO” (che è la moda green delle ragazzine al momento, pare). Ci vado al lavoro, ci vado in palestra. Ci vado sul set di Cortesie per gli Ospiti che ricominciamo a girare lunedì. Voi da dove bevete la vostra acqua?
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NOTA Questo post è stato realizzato in collaborazione con GROHE.
Se volete conoscere il sistemaGROHE Blue Home qui potete trovare tutte le informazioni e approfittare anche di una promozione attiva proprio in questo periodo.