Tre settimane (scarse) alla notte di halloween – che per me è una sera molto speciale, perché rompe il mio fioretto, fatto tanti anni fa, di non mangiare Camembert dal 31 di marzo al 31 ottobre…
Se come me amate festeggiare (qualunque sia il motivo) la notte delle streghe, vi sarà utile qualche ricetta che ho acquisito negli anni, interpretando ovviamente quelle di chi è più bravo e più esperto di me, e poi trovando un modo personale di presentarle. Alcune, quelle che amo di più, sono confluite nell’ultimo capitolo del mio libro, Csaba bon marché.
Ho iniziato a festeggiare la notte delle streghe ben prima che questa abitudine si diffondesse anche da noi in Italia. Come molte feste minori, ad alcuni potrà sembrare un’operazione meramente commerciale, ma in realtà questa tradizione celtica, nata per festeggiare la fine del raccolto nei Paesi nordici, e poi esportata in America, ha uno spirito nobile e ha segnato per molte generazioni la notte di passaggio tra la stagione calda e quella fredda.
All’inizio l’atmosfera cupa che avvolge questa notte derivava dai canti dei contadini che scacciavano gli spiriti maligni per proteggere il loro raccolto, radunandosi intorno al fuoco. La zucca intagliata e illuminata all’interno è arrivata dopo, con la leggenda del fabbro Jack, condannato a errare per l’eternità dopo essere stato cacciato anche dall’inferno per aver stretto un patto con il diavolo cercando di ingannarlo per ben due volte.
I tempi moderni hanno poi introdotto la presenza di fantasmi fatti con lenzuola bucate, streghe dai cappelli a punta, ragni di plastica che sembrano veri arrampicati su ragnatele di cotone che si possono tessere con facilità anche in casa… Aggiungi una bella giornata piovigginosa, un po’ di nebbia e una bella stalla polverosa e avrai uno scenario perfetto per ambientare la tua festa di Halloween, anche senza dover per forza cucinare una zuppa con zampe di rana e occhi di pipistrello.
Come detto, 31 di ottobre apre la mia “stagione del Camembert”. Così, quando giro il calendario sul mese di ottobre, inizio a pregustarmi l’arrivo di quel primo morso cremoso, che per tradizione accompagno con cetriolini sottaceto e pane di segale.
Come primo piatto, invece, da diversi anni preparo una vichyssoise calda, che mi è stata insegnata da una signora svizzera amica di mio padre, in una vera notte buia e piena di fantasmi, probabilmente autentici. Quello è stato l’Halloween che ricordo come più freddo e spaventoso della mia vita da ragazza. Era l’autunno del 1998 e poiché il 31 ottobre è anche il compleanno di mio papà, eravamo andati tutti a sud di Ginevra, in un paesino arroccato verso il confine con la Francia, a trovare un’amica di mio padre che viveva, allora, in un castello medioevale (oggi vive a Parigi in una incantevole casa con giardino, molto meno buia ma di altrettanto fascino). Il castello era il luogo perfetto per organizzare la festa delle streghe, con tanto di ponte levatoio e una ventina di stanze fredde e buie collegate tra loro da scale umide disseminate di vere armature in metallo lucidato per l’occasione.
Fu quell’anno che imparai a preparare la mia versione attuale della crema di porri e patate, servita calda anziché fredda, come vuole invece la ricetta tradizionale. Fu lì che sperimentai la mia prima cena di Halloween a buffet, allestita in un salone enorme e troppo freddo nonostante il camino acceso. Quella notte, nella mia stanza, le tende di velluto cremisi sembravano muoversi da sole, non saprò mai se per l’effetto di un bicchiere di vino di troppo o di qualche ospite della casa non presente alla cena…