La cerimonia è stata officiata dal nostro amico Gianfranco e il ricevimento allestito direttamente sull’erba, mentre la terrazza sul prato ospitava la musica dal vivo e le danze. I nostri ospiti avevano abiti leggeri e stavano seduti su grandi coperte di cotone bianco a piedi nudi. Non dimenticherò mai l’emozione di quel pomeriggio d’estate, come credo capiti a tutte le spose. E siccome sono scandalosamente metodica quanto romantica, mi piace chiudere gli occhi ogni volta che torno su questa terrazza, dove sono adesso mentre scrivo questo post, per risentire nella testa le note delle stesse canzoni. Non avrei potuto sposarmi in un giorno diverso, perché le tre cifre che sono incise all’interno della fede nuziale che porto all’anulare da quel giorno sono i miei tre numero fortunati da sempre, messi in ordine crescente: 5-7-9. L’idea di sposarmi qui ( o forse il sogno di poterlo un giorno fare davvero) invece era nata molto tempo prima, esattamente nel 2004, una sera d’autunno ad una festa privata tenuta in questo stesso resort.
Nel 1994, vent’anni fa – arrivai la prima volta a L’Albereta, aperta da meno di un anno. Me la ricordo bene la prima stagione del resort in Franciacorta, per tre motivi. Il primo è il ricordo della cura maniacale dei dettagli, che mi aveva stupito allora e sa stupirmi ancora ogni volta che varco la soglia di questa bellissima dimora di campagna creata dalla mano sapiente di Carmen Moretti de Rosa. Il secondo è legato ad un motivo personale: avevo 24 anni e guardando il prato bellissimo pensai a come sarebbe stato bello – perfetto, probabilmente – potersi sposare qui. Non sapevo che esattamente quindici anni dopo quel desiderio sarebbe divenuto realtà. Il terzo ricordo è l’immagine quasi palpabile del silenzio che avvolge quest’oasi di pace e relax come per magia, e che ha la capacità, ogni volta che ci torno, di dare linfa ai miei pensieri.
Faceva piuttosto caldo il 5 luglio del 2009 – aveva piovuto a dirotto per tutta la notte e per la sera della giornata precedente, ma poi – contro ogni previsione meteorologica e ogni speranza (altrui) era spuntato il sole: caldo, limpido, meravigliosamente estivo. La sera prima avevo attaccato al baldacchino del letto il bellissimo vestito di Lorenzo Riva e avevamo trascorso una serata informale con i nostri testimoni di nozze alla Cascina Carretto, un agriturismo poco distante, dove ci piace tornare ogni volta che veniamo a Erbusco. È lì che ci siamo fermati oggi per pranzo, prima di arrivare a L’Albereta per il nostro quinto anniversario.
Oggi il resort è tranquillo, cinque anni fa a quest’ora era un brulicare di gente che andava e veniva dalla mia stanza, impartendo consigli, dispensando saggezza, scuotendo la testa per un sì o per un no, contando i minuti rimasti e osservando impaziente la scienza comporsi sul prato: le sedie bianche in file ordinate, i fiori portati dalla mia amica e flower designer Elisabetta Cardani, il thé pronto per essere servito, i camerieri di Gualtiero Marchesi in fila secondo un piano stabilito (con non poca fatica) per fare sì che il pranzo di nozze fosse servito come un pic nic sull’erba. Ero emozionata di quell’emozione positiva che ti toglie la capacità di essere obiettiva e ti fa tremare un po’. Mi ricordo Lilly nel suo vestito bianco con i suoi primi sandaletti (all’epoca aveva poco meno di due anni) e Dodo con la sua camicia di lino e lo sguardo di un cherubino intento a cercare il proprio posto in un quadro. Gli ospiti erano tutti vestiti di bianco, come avevo espressamente chiesto loro estendendo l’invito, per dare vita ad una meravigliosa interpretazione dell’estate sul prato della campagna. Posso dire di essere stata una sposa molto felice. E lo sono ancora oggi, in questo pomeriggio che per tanti versi è uguale a quello di allora, almeno dentro di me.
Il matrimonio è il patto di alleanza più complesso che una persona possa decidere di sottoscrivere: deve essere nutrito ogni giorno, si appanna appena viene trascurato, va tirato a lucido con amore e pazienza se si vuole far sì che duri. Questi cinque anni di matrimonio (dieci quasi di vita insieme per me e mio marito) sono stati un bellissimo saliscendi di progetti, emozioni, vittorie e sconfitte, delusioni e soddisfazioni – come deve essere la vita vera. Essere qui oggi su questo prato mi fa sentire tutta la gioia che sta nella fatica fatta, perché ci sospinge verso il nostro futuro e ci tiene a galla, proprio come le leggi della fisica fanno sì che un corpo in acqua utilizzi la forza data dal proprio peso per sostenersi e progredire. Ora la sfida è aggiungere un lustro alla volta al nostro matrimonio, sino ad arrivare in fondo. Spero che l’Albereta resti sempre qui uguale a se stessa, ogni anno, ogni cinque di luglio, a ricordarmi che i sogni – a volte – si avverano. Ma bisogna davvero volerlo intensamente.