Adoro la pioggia. Sì, lo so, questa non è un’affermazione che mi renderà popolare ai più, ma è la verità. La amo perché porta in sé quel non so che di nostalgico che mi fa stare bene. Mi sono alzata presto e ho riaperto Around Florence: capitolo 4, zuppe calde per i giorni di pioggia. Ho messo a mollo i ceci e i borlotti, e anche un po’ di fagioli lima. Ora vado a prendere il cavolo nero. Poi mi metterò in cucina, il posto dove più mi sento me stessa e a mio agio. E credo proprio che oggi ci starò un po’, perché è proprio così che voglio passare la giornata, tra il forno e i fornelli, senza fretta. Leggendo, cucinando e un po’ scrivendo. In una parola: concedendomi la cosa che mi fa felice. Spero possa essere lo stesso per voi. Vi lascio l’inizio del capitolo 4 qui sotto (per chi non ha il libro). E una ricetta da provare magari stasera: la mia zuppa di castagne e pancetta. Buona domenica! IL PROFUMO DELLA TERRA BAGNATA e una zuppa calda nel piatto Adoro la pioggia. No, non quella sporca che cade in città rendendo schizofrenico il traffico, ma quella fitta e trasparente che bagna la terra in campagna con calma, sprigionandone d’un tratto i profumi autentici. La amo in ogni stagione, ma in modo particolare tra ottobre e novembre, quando conferisce un passo dolce alle giornate in casa e mi dà la scusa perfetta per mettere sul fuoco una zuppa a cottura lenta. Mi piace guardarla cadere con il suo ritmo sempre uguale a se stesso, fuori dalla finestra, socchiudendo il vetro per farne entrare il profumo fresco. La pioggia in campagna azzera la fretta e ti lascia il tempo per goderti l’interno della casa: il camino acceso con la legna stipata sotto il portico, la tavola apparecchiata con calma e con cura, i berretti di lana appesi al chiodo in ingresso che tornano a far bella mostra di sé, come ogni anno, dopo la stagione estiva. Lo so – sono terribilmente nostalgica in questa affermazione, e non credo certo che sia un pregio – ma è la semplice verità, e non saprei non dirla. Il vapore acqueo che si addensa in tante goccioline sui vetri, appannandoli, e il fumo caldo che esce da una pentola – insieme – per me sono poesia pura. Mi piace l’idea di aspettare in casa che spiova, per poi uscire con gli stivali e il primo cappotto della stagione, alla ricerca dell’ispirazione per quella che sarà la cena. Sono personalmente convinta che in campagna cucinare sia più semplice e spontaneo. Non ho bisogno di fare una lista di ciò che mi serve – preparerò qualcosa con ciò che riuscirò a trovare. Mi lascio contagiare dal profumo dei banchi di frutta e verdura accostati a quelli dei formaggi al mercato, mi affaccio al pollaio per recuperare uova fresche di giornata e poi parto per una passeggiata solitaria verso le botteghe del paese, davanti alle quali è facilissimo trovare l’ispirazione per mettere insieme poche cose e realizzare un menù completo. […] La zuppa toscana Minestra, zuppa, passato, vellutata, minestrina, brodo, crema o pappa: sono tanti i primi che si servono al cucchiaio e in Toscana la tradizione ne ha diverse varianti, alcune tanto famose da essere conosciute (e apprezzate) davvero in tutto il mondo. Non sono certo piatti difficili, sebbene a volte il nome possa incutere al neofita un certo timore reverenziale. Basta pensare che nascono dalla tradizione contadina, non nella cucina di un ristorante stellato, quindi sono state pensate per essere cibo semplice da preparare, partendo da ingredienti poveri e, spesso, da cotture lente che devono il loro tempo semplicemente al fatto di essere state create quando il tempo, per le donne, aveva un altro valore. Mia nonna si alzava e aveva come primo pensiero la cucina. Non faceva grande differenza quanto avrebbe impiegato a preparare la zuppa per la cena, poiché lavorando in casa poteva permettersi il lusso di metterla sulla stufa per tempo, lasciandola prima sobbollire lentamente, e poi raffreddare un po’, prima di passarla con il passaverdure. Il progresso aveva portato poi anche nella sua cucina il frullatore, ma la zuppa classica continuava ad essere fatta passandola a mano, un giro di manovella dopo l’altro, sopra l’apposito passino in acciaio, che riusciva a stare in piedi sulla pentola grazie alle sue tre piccole gambe estensibili. Personalmente, ho imparato a preparare molte delle zuppe e delle minestre che amo con la pentola a pressione, per accorciare i tempi e preservare un po’ di più le preziose vitamine che si trovano nella verdura e le proteine vegetali dei legumi. Sebbene molti utilizzino il frullatore ad immersione, per renderle lisce e setose, io spesso preferisco travasarle nella brocca di un blender. È più facile dosare i liquidi, aggiungendo quello di cottura quando ne manca. Una zuppo troppo liquida invece deve essere addensata rimettendola sul fornello, e lo trovo un’inutile lungaggine che la rende poi anche terribilmente bollente. Se nella zuppa c’è del pane, la tradizione toscana vuole che …. [Continua a pagina 154 di Around Florence…]