Avevo fatto una promessa – eccomi qui. Questo post è dedicato a tutti coloro che hanno perso qualcosa. Il lavoro, una cara amica, un compagno di vita o un parente stretto, e con esso la sensazione di pieno che lascia il passo al vuoto con il quale, a volte, è necessario colmare la nostra vita. Ci sono momenti in cui lo sconforto è talmente grande da non lasciare spazio all’idea del nuovo – il futuro sembra non essere altro che un cumulo di minuti che si affastellano uno sull’altro, inermi, come rifiuti in una discarica abbandonata. Il problema, quando si perde qualcosa, è che non ci chiediamo mai il perché lo abbiamo perso. Tendiamo a pretendere che la vita ci restituisca il tolto. Lottiamo, dunque, nella direzione sbagliata, investendo le nostre energie in una ricerca senza fine. Ciò che è andato – quasi sempre – non potrà tornare più. Ciò che è perso, a volte, è un pezzo di noi che doveva staccarsi e che non ha senso cercare di ricucire. Ciò che dobbiamo fare è guarire dalla perdita, superarla, costruire ancora.
Tutte le volte che mi sono trovata nella condizione di dover superare da sola una perdita, ho sempre preso come riferimento una donna – Dominique Browning. La sua penna meravigliosa ha scritto libri bellissimi che aiutano l’essere umano a comprendere la natura delle cose e il senso stesso della vita, indicando una strada per recuperare noi stessi, non ciò che è perduto.
Quando il dolore arriva da una perdita che sembra insuperabile, dobbiamo investire le nostre energie per guarire e guardare oltre, non nella ricerca senza fine di un recupero impossibile del passato.
L’ultimo libro di Dominique Browning si intitola “Slow Love” – L’amore lento. Come ho perso il lavoro, indossato il pigiama e trovato la felicità. È un libro che insegna a prendere la vita con un passo più lento, a ritagliarsi spazi personali, ad apprezzare le cose piccole e bellissime che la vita sa darci. Da questo libro Dominique ha tratto anche spunto per il suo blog Dominique Browing.
Ma è un altro libro quello che ha ispirato il mio senso di casa (e l’amore per il buon cibo) tanti anni fa. Il libro che Dominique Browning ha scritto dopo il suo divorzio, appena nominata direttore della versione americana di HOUSE & GARDEN, una delle mie riviste preferite. Leggere le pagine di questo volume, ogni tanto, mi fa capire in modo più saldo perché amo la mia casa e prendermi cura delle persone intorno ad un tavolo apparecchiato. Il cibo è un grande gesto d’amore e di conforto.
Può sembrare una lettura triste, ma non lo è. È invece un libro che fa capire quanto amare noi stessi sia il punto di partenza di tutto – incluso e soprattutto il saper amare gli altri. Un libro che insegna a capire quali sono le cose a cui teniamo davvero, prima di perderle. Magari per aiutarci a non perderle affatto.
Se avete perso una parte di voi stessi, prendete questa perdita come punto di partenza per ricostruire. Partite da voi. E mirate in alto!
Liberamente tradotto dal libro: Around the House and in the Garden – by Dominique Browning [ed. Scribner]
Capitolo 2: When it was over
QUANDO È FINITA
Sai sempre quando è finita, e non è quasi mai durante uno di quei momenti di alta tensione familiare – una lotta, una sconfitta, una disgrazia. Non tocchiamo il fondo dell’amore sbattendo una porta o insultandoci, in una furia di singhiozzi. A quello stadio sei ancora viva. Invece, la morte di una relazione sembra insinuarsi in te con calma e in silenzio, si fa strada con lentezza e arriva sordida in un momento strano, subdolamente. Quello che pensavi fosse il centro della discussione – sesso, denaro, lavoro, bambini – queste cose non sono il punto. Sono solo la traduzione affilata di problemi più profondi, raggomitolati nel buio del sentimento: problemi legati alle tue paure, angosce, problemi con tessuti che si sono cicatrizzati troppo velocemente tanto tempo fa… […]
In quell’ultimo giorno d’inverno, il fuoco scricchiolava nel camino accanto al tavolo lungo e i nostri ospiti, alcuni vecchi amici e altri nuovi, gemevano di piacere con le pance piene. I nostri volti erano arrossati dal calore, dal vino e dalla conversazione. Il momento che torna alla mia mente adesso comincia nel mezzo di una discussione politica di cui ho perso il senso tempo fa.
Ero parte della conversazione quando ho iniziato a sentirmi trasportare via in una sensazione di disconnessione dal presente, come se stessi fluttuando intorno al tavolo. Da un punto in qualche modo estraneo a me stessa potevo scorgere la bellissima tavola, ammirare la dorata perfezione del sole pomeridiano filtrare dalle finestre con i vetri immobili nei loro infissi vecchi di secoli – tutti tranne uno, che era stato rotto di recente dalla palla da baseball errante di un bambino. A catturare il mio sguardo era quella piattezza vergine messa in rilievo dalla liquidità della luce.
[…]
Quella domenica ogni cosa pareva splendere di una patina di contentezza e perfezione domestica. A parte il fatto che mi sembrava di staccarmi da tutto, come uno strato di patina che viene via… La sensazione era così forte che ero sicura si potesse vedere un fumetto sopra la mia testa, pieno di scritte che dicevano a tutti – a grandi lettere – cosa stessi pensando davvero. Ma ero lì, mentre servivo, passavo pietanze, ridevo, pulivo, pensavo. Ero lì, mentre sorridevo a mio marito. E il fumetto sopra la mia testa diceva “cosa sto facendo?”. Tutti voi state pensando che io sia qui, felice, impegnata, ma non è così. E perché non sono felice quando tutto sembra così perfetto?
[…]
Spensi le candele insieme a Nick, quando tutti oramai erano andati a casa. Come avevo fatto dozzine di volte prima, misi via l’argenteria e i piatti, buttai la tovaglia di lino nella lavatrice, sistemai il gas coprendo gli erogatori con la loro copertura di ferro, tolsi le macchie di cera dal tavolo e passai l’olio sulla sua superficie pulita. Poi abbassai le luci nella sala da pranzo e le diedi un’ultima occhiata prima di chiudere la porta. Quella sala sarebbe stata chiusa, e vuota, per un lungo tempo.”