4 luglio, giovedì sera. Sono le sei, la casa è stranamente luminosa e silenziosa. I ragazzi sono al mare con i nonni, mio marito è appena rientrato dal lavoro, ed è piuttosto inusuale vederlo così presto durante la settimana. Sul letto ci sono un vestito da sera e un abito scuro. Davanti due paia di scarpe – non ho ancora deciso quale metterò. Stiamo partendo, ma senza la necessità di fare un viaggio. Salutiamo la nostra gatta e ci chiudiamo la porta alle spalle. Davanti al portone ci aspetta una macchina scura. Saliamo e non c’è bisogno di dare indicazioni all’autista, perché gli è già stato detto dove portarci. “Impiegheremo solo 5 minuti” ci dice, svoltando verso il centro. Ho la sensazione che, all’inizio, non abbia capito che siamo marito e moglie… ma forse sì. Sorride. Io mi godo il breve tragitto, pensando che anche questo è parte del divertimento.
Può sembrare bizzarro dormire in hotel nella propria città, ma cosa c’è di più romantico che prendersi una serata a due, cenare in uno dei giardini più belli della città e dormire in una suite a pochi isolati da casa propria? La proposta di questa esperienza era arrivata qualche settimana prima e mi aveva sedotto subito dal titolo: #FSTakeYourTime. A occuparsi di noi è il Four Seasons Hotel di Milano, che ho sempre visto come un albergo particolare, quasi un luogo segreto, per la sua ubicazione felice e nascosta in via Gesù, una piccola traversa che collega via Montenapoleone a via della Spiga. Ricavato da un ex convento, conserva ancora il fascino del silenzio, pur trovandosi nel cuore del quadrilatero della moda, tra le boutique degli stilisti più famosi, affacciato intorno a un cortile dal rigore monastico, che ispira calma e serenità, invitando allo slow living. E così abbiamo varcato la soglia, pochi minuti più tardi, per iniziare la nostra esperienza e festeggiare così i nostri dieci anni di matrimonio.
Il tempo è decisamente una questione soggettiva. Qualcuno potrà obiettare, ma io ho maturato questa consapevolezza: se è vero che una giornata ha 24 ore per tutti, il modo in cui la viviamo ne cambia in modo considerevole la percezione. Gli ultimi dieci anni sono stati impegnativi. Un marito con un lavoro che lascia poco spazio alla vacanza, due figli da tirare su, una casa nuova, il mio lavoro da portare avanti… 15 libri pubblicati. 7 diverse serie televisive. 1 rivista (meno male che è trimestrale) e molte altre cose. Ma, soprattutto, il desiderio di essere “la sposa dello sposo” come direbbe Costanza Miriano (a proposito, sto rileggendo il suo libro Quando eravamo femmine). Di dedicarmi alla mia casa. Al mio nucleo familiare.
Il tempo per me è il lusso più grande. Certo, mi piacciono le cose belle. Ma è il tempo la cosa più bella tra tutti: non quello per me stessa (da moglie e da madre l’ho messo in secondo piano da un po’) ma quello per “noi”. Per la famiglia, della quale amo occuparmi più che posso. Di quel nucleo stretto che dieci anni fa insieme a mio marito abbiamo rinsaldato ponendo ciascuno la fede al dito dell’altro. E, fin qui, abbiamo mantenuto fede alla nostra promessa. Quindi, per questo anniversario, più che un oggetto, desideravo regalare e regalarmi del tempo a due.
1 minuto, 1 ora, 1 giorno… quanto tempo vuoi dedicare a te stesso? Può essere difficile rispondere. Certo, in uno degli hotels più belli che esistano, tutto sembra più facile, e ovviamente lo è. Ma riuscire a prendersi il tempo è una questione mentale: possiamo dedicarci una piccola quantità di tempo anche senza uscire da casa nostra. Anche solo chiudendo gli occhi, seduti alla scrivania, e immaginandoci altrove. Quando ho ricevuto l’invito, quello che mi ha colpito è stata l’idea di creare una sorta di “consapevolezza del tempo”. Se l’obiettivo è quello di incorniciare un attimo e dedicarlo a noi stessi, l’idea di vivere questo momento a due è ancora più forte. E così ho pensato di condividere con voi questo momento personale e bellissimo, che come ogni momento speciale, resterà con me per sempre.
“Ci prenderemo del tempo” – ha esordito così mio marito quando, un mese fa, gli ho detto che avrei voluto festeggiare i nostri dieci anni, ma che i nostri calendari professionali risultavano pieni sino ai bordi della data fatidica: venerdì 5 luglio. Lo ha detto con la serenità e la lungimiranza che lo caratterizzano quando risolve le situazioni che a me sembrano impossibili. Lui non parla: agisce. E risolve. Così, con quella frase, mi aveva fatto capire che ci teneva anche lui, e che avremmo dovuto applicare la regola della “qualità invece che la quantità”. E così abbiamo fatto.
La suite numero 555 si trova al quarto piano dell’ala “attico” che è stata ricavata annettendo all’hotel un edificio destinato alle abitazione. Interamente decorata anni ’50, ha l’ingresso posto sul ballatoio dell’edificio storico e garantisce la privacy in modo perfetto. Varcata la porta, ti accoglie con un salotto elegante, arredato in modo impeccabile con accenti di bianco e di nero punteggiati da nite vibranti di verde mela. La suite ha una zona giorno sulkla destra, con un’area relax e una piccola zona attrezzata per lavorare, e un’ampia terrazza privata di circa 25 metri quadri. Sulla sinistra si trovano lo spogliatoio, che dà accesso al bagno in marmo (la doccia, da sola, vale l’esperienza!) e alla camera da letto matrimoniale. Più che una stanza d’albergo, è un appartamento elegante e silenzioso, che ha tutto ciò che si può desiderare per sentirsi bene. Il nostro week end è iniziato qui, in questo salotto, dove abbiamo mangiato fragole seduti sul divano vicini e iniziato a pensare alla cena che ci attendeva di lì a poco. Un momento raro, perché difficilmente a casa, un giovedì sera, si riesce ad essere da soli e a dedicarsi attenzione reciproca. Ci sono sempre molte cose da fare. E si finisce per rimandare. Ma stasera questo luogo incantato è tutto per noi. E il tempo sembra essersi davvero fermato.
Una coppa di champagne più tardi, stavamo passeggiando nel giardino dell’hotel per sederci al nostro tavolo riservato al ristorante La Veranda, che propone la cucina dello chef Fabrizio Borraccino.
Fabrizio ha preso in mano le redini della cucina del Four Season a Milano quest’anno, ma il suo talento, acquisito con anni di esperienza in alberghi di lusso e ristoranti d’eccezione, si svela già con gli antipasti. La sua è una mano particolare: la carta è ricca, ma non eccessiva. Cucina milanese, rivisitata con il tocco proprio di chi ha meritato la stella Michelin. Le portate si susseguono con il giusto ritmo e il personale in sala è davvero attento. Iniziamo con il granciporro – granchio su una crema di porro molto sofisticata. Poi l’uovo in camicia con il tartufo estivo, servito sotto un velo di carbone vegetale. Il mio primo piatto è il risotto – preparato con i limoni confit che lo chef prepara sottovuoto, ma assaggiamo anche i ravioli ripieni d’anatra cotta nel vino rosso, una specialità della casa che vi consiglio (magari in una serata fresca). Infine, il piatto che è l’orgoglio della cucina: il maialino cinturello orvietano, che lo chef seleziona da un fornitore che alleva i maiali allo stato semi-brado, per ottenere una carne ottima al palato, ma anche sana, in modo rispettoso dell’ambiente e degli animali. I vini seguono le portate e dopo due ore, siamo pronti per il dessert.
La nostra esperienza continua nella stanza del cioccolato – una vera e propria camera segreta, interamente rivestita di cioccolato, dove lo chef pasticcere – Daniele Bonzi – mette in scena un allestimento che richiede settimane intere di preparazione e viene cambiato ogni anno, ispirandosi a un tema. Il design è quello che potete trovare correntemente, e una parete di cioccolato che ripropone nove sfumature di cacao – dal bianco al nero – è solo una parte del tutto. Qui ci accomodiamo per degustare dieci tipi di cioccolato diverso: da un bianco caramellato a un nero affumicato con il thé. Ci viene servito il caffè, mentre lo chef ci racconta il suo modo di interpretare il cibo degli dei, ma non solo. Tutto al Four Seasons viene fatto in casa: dolci, pane e cioccolatini, praline, caramelle. Discutiamo di pasta choux e di pasta sfoglia. Mi lancia la sfida sulla sua brioche per la mattina seguente, che è di sfoglia ma ha un aspetto che pare quasi brioche. Accetto (vincerà lui, ovviamente) e poco dopo ci concediamo una passeggiata romantica nel quadrilatero della moda, quasi deserto. Che bello girare a piedi per le vie familiari della città e poi rientrare a piedi, percorrere la hall e salire nel nostro appartamento. La notte ci aspetta, e dalla terrazza, fortunatamente, si vedono le stelle.
La mattina dopo è il 5 luglio. la sveglia è data da qualche raggio di sole che filtra dalle tende socchiuse. Mi alzo, apro la finestra e lascio entrare l’aria fresca e il cinguettio degli uccellini. Siamo davvero indecisi tra l’ordinare la colazione in camera o lo scendere in giardino. Un’ora dopo, ci decidiamo per la seconda ipotesi e scendiamo. È davvero un posto magico il cortile dell’hotel Four Seasons, con le vetrate delle stanze che si affacciano sopra il verde, i merli che saltellano allegri nell’erba e i tavoli disposti discretamente lungo una parte del perimetro. E la cosa più bella è sapere che è venerdì mattina. Siamo a Milano, poco distanti da casa. Noi due, insieme, seduti davanti a una magnifica colazione. Un’ora tutta per noi, prima di rientrare e partire per il secondo pezzo di questo viaggio. Ma questa sarà la prossima storia… Sin qui, voglio imprimere nel ricordo la sensazione del silenzio, gli sguardi, il profumo del caffè. La brioche che è arrivata davanti a me dopo aver lievitato tutta la notte secondo la ricetta dello chef Daniele. Le attenzioni di chi ci porta al tavolo un altro espresso. Guardarsi negli occhi e sapere che ogni storia ha i suoi momenti da ricordare. Questo sarà uno dei nostri.
Ci sono momenti che, anche se durano poco, ci lasciano un ricordo per sempre.
Prima di varcare la soglia dell’Hotel per uscire, uno al fianco dell’altra, abbiamo la certezza di aver vissuto uno di questi momenti. E siamo pronti per iniziarne un altro. La nostra meta adesso è Erbusco, dove dieci anni prima ci siamo uniti in matrimonio su un prato, festeggiando con i nostri amici più intimi. Il nostro luogo del cuore ci sta attendendo. Ma questa è un’altra storia, e merita un post tutto suo…
>> continua >> destinazione: L’Albereta.
Per vivere un’esperienza simile alla mia, potete leggere qui